Traduzione in italiano di Daniele Tarini e Francesca Ugolini

Capitolo 2 - La motivazione di Gautama

Prima di entrare nel cuore della questione, cioè qual è il contenuto del risveglio del Buddha, il suo modo di vedere il mondo, la differenza con il nostro modo di percepire i vari  fenomeni e la ragione per cui questa visione ci fa soffrire e ci impedisce di vedere la realtà delle cose, e come possiamo comunque anche noi diventare Buddha, E’ opportuno considerare perchè il principe Gautama, che aveva davanti a sé un futuro dorato, potere, giovinezza, salute e gloria, che aveva vissuto tutta la sua vita in un'atmosfera di gioia, rinunciò a tutto per diventare un monaco errante, mendicando il cibo.

 

Ai piedi della catena dell'Himalaya, sul versante meridionale e sulle rive del fiume Rohini, si trovava Kapilavastu, la capitale del clan Śâkya. Il re Śuddhodhana Gautama aveva costruito un grande castello e governava saggiamente conquistando la gioiosa simpatia dei suoi sudditi. Il nome della regina era Mâya. Era la figlia dello zio del re, che governava un distretto vicino dello stesso clan Śâkya.

 

Per vent'anni la coppia reale non ebbe figli. Dopo uno strano sogno, in cui vide un elefante bianco entrare nel suo grembo dal lato destro, la regina Mâya rimase incinta. Il re e il suo popolo si prepararono con gioia alla nascita del bambino reale. Secondo la tradizione, la regina tornò dai suoi genitori per la nascita. Sulla sua strada, sotto un meraviglioso sole primaverile, si riposò nel giardino di Lumbini. Era circondata da fiori Aśoka, e mentre stendeva la mano destra per coglierne un ramo, nacque il principe. Il cielo, la terra e il mondo si rallegrarono di cuore per la gloria della regina e del suo bambino regale. Questo giorno memorabile era l'ottavo giorno di aprile

 

La gioia del re era estrema e chiamò suo figlio Siddharta, che significa: "Realizzazione di tutti i desideri". Tuttavia, nel palazzo reale, la tristezza seguì presto alla gioia, perché pochi giorni dopo, l'amata regina Mâya morì improvvisamente. Sua sorella minore, Mahâprajapati, prese il posto della madre con il bambino e lo crebbe con amore

 

In quel periodo, un eremita di nome Asita, che viveva sulle montagne non lontano dal palazzo, notò un alone luminoso che circondava la residenza reale; lo interpretò come un presagio favorevole e scese al palazzo per vedere il bambino. Egli annunciò: "Se questo principe rimane nel palazzo, diventerà un grande re e governerà il mondo intero. Ma se abbandona la vita di corte e abbraccia la vita religiosa, diventerà Buddha, il liberatore del mondo". All'inizio il re fu molto felice di sentire questa profezia. Ma poco dopo cominciò a preoccuparsi che il suo unico figlio lasciasse il palazzo per diventare un eremita senza casa.

 

All'età di sette anni, il principe cominciò a studiare le arti civili e militari, ma i suoi pensieri erano più naturalmente rivolti ad altre cose. Un giorno di primavera uscì dal palazzo con suo padre e insieme guardarono un contadino che arava. Il principe notò un uccello che scendeva dal cielo e afferrava un piccolo verme che l'aratro aveva scoperto mentre girava la terra. Il principe si sedette ai piedi di un albero e: cominciò a riflettere su ciò, dicendo a se stesso : "Ahimè! Tutti gli esseri viventi arrivano ad uccidersi a vicenda? " Allora il principe, che aveva perso sua madre  subito dopo la sua nascita, si rattristò profondamente per la tragedia di questi due piccoli esseri.

 

La sua ferita spirituale diventava giorno dopo giorno più profonda man mano che cresceva. Come la piccola cicatrice di un giovane albero, la sofferenza della vita umana si radicava sempre più profondamente nel suo cuore. Il re divenne sempre più tormentato dalla profezia dell'eremita, e cercò in tutti i modi di rallegrare il principe e di fargli pensare ad altro. Quando il principe aveva diciannove anni, il re organizzò il suo matrimonio con la principessa Yaśodhara. Era la figlia di Suprabuddha, signore del castello di Devadaha e un fratello della defunta regina Mâya. Per dieci anni, nei vari saloni della Primavera, dell'Autunno e della Stagione delle Piogge, il principe fu immerso in un turbinio di musica, di danza e di piacere, ma i suoi pensieri tornavano sempre al problema della sofferenza e si sforzava di capire il vero significato della vita umana.

 

I sutra raccontano del famoso risveglio di Gautama alla realtà delle cose attraverso la parabola delle quattro porte. Un giorno, uscendo dal palazzo di suo padre attraverso la porta orientale, incontrò un vecchio. Un altro giorno, attraversando la porta meridionale, vide un uomo malato. In un'altra occasione, passando per la porta occidentale, vide una processione che portava un cadavere. Questi incontri lo portarono a riflettere sulla condizione degli esseri umani, ineluttabilmente rontati con le quattro sofferenze: nascita, vecchiaia, malattia e morte. Il pensiero di dover affrontare un giorno queste sofferenze deve essere stato per lui una sofferenza ancora più intollerabile.

 

Da allora, non ha mai smesso di cercare una soluzione a queste sofferenze.

 

"I lussi del palazzo, la salute del corpo, le gioie della giovinezza, cosa significa tutto questo per me? ”, pensava. “Un giorno, forse, mi ammalerò e poi diventerò vecchio e non potrò sfuggire alla morte! L'orgoglio della gioventù, l'orgoglio della salute, l'orgoglio dell'esistenza, tutte le persone ragionevoli dovrebbero lasciarli da parte!"

 

"Un uomo che sta lottando per la sua vita cerca naturalmente aiuto. Ora, ci sono due modi di cercare aiuto: uno giusto e uno sbagliato. Il modo sbagliato è questo: quando si scopre che la malattia, la vecchiaia e la morte sono inevitabili, cerca aiuto tra cose altrettanto vuote, altrettanto transitorie.

 

Il modo giusto di cercare aiuto è questo: quando si scopre la vera natura della della malattia, della vecchiaia e della morte, si cerca aiuto in ciò che è oltre ogni sofferenza umana. In questa vita di piacere di palazzo, mi sembra che cerco aiuto nel modo sbagliato".

 

Gautama intravide la via di questa soluzione quando finalmente, uscendo dalla porta settentrionale, incontrò un asceta che cercava la via.

 

E così la lotta spirituale sorse nel cuore del principe fino all'età di 29 anni (19 secondo un'altra teoria), quando nacque il suo unico figlio, Rahula. Questo evento sembra aver fatto precipitare le cose, perché fu allora che il principe decise di lasciare il suo palazzo e cercare la soluzione al suo tormento interiore nella vita senza tetto di un mendicante. Lasciò il palazzo con solo il suo cocchiere Chandaka  in sella a Kanthaka, il suo cavallo preferito bianco come la neve.

 

 

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